venerdì 7 marzo 2008

Il Fiore della Terra

Eccovi il 19° capitolo.
E' molto importante nella storia!
Buona lettura.
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Roma, mercoledì 20 Dicembre 2097, ore 16,00.


Decisioni eccezionali in tempi eccezionali. Allah è grande!
Selim Abdel Khader, basso e corpulento nel suo caffettano candido, congedò con tali lapidarie parole il funzionario che gli aveva notificato l’editto con il quale era stata resa ufficiale la sua nomina a Gran Muftì, in sostituzione dal mai troppo compianto Dragut Quagliarulo.
In realtà Selim era già in carica da due settimane. La nomina era stata decisa, a risicata maggioranza, al termine di un’accesa sessione plenaria del Gran Consiglio degli Ulema. Per la prima volta era stata disattesa la consuetudine di eleggere, a tale suprema carica religiosa, un musulmano nativo ma d’etnia italica.
Selim Abdel Khader era d’etnia nordafricana, e più precisamente algerina, anche se la sua famiglia proveniva dall’Egitto, paese del quale conservava molte abitudini e tradizioni.
Secondo i suoi sostenitori, la sua nomina era giustificata dalla grave situazione politico-economica e dai disordini che stavano approfondendo il solco, mai colmato, tra le etnie tradizionalmente islamiche, in prevalenza africane e bosniaco-albanesi, e la più numerosa etnia italica.
In sostanza, una scelta cautelativa, un segnale forte di ortodossia politica e religiosa. Non a caso l’Islam è definito “religione e stato”: din wa-dawla.
I suoi avversari avevano rumorosamente affermato, anche in sede di Gran Consiglio, che la sua nomina avrebbe umiliato i fedeli musulmani d’etnia italica, con la conseguenza di dare più forza all’opposizione cristiana.

A parte tali considerazioni d’ordine generale, i detrattori di Selim Abdel Khader sostenevano che egli era uomo amante del lusso e dei piaceri della tavola e della carne, e come tale potenzialmente corruttibile.
Gran mangiatore e, nel segreto della sua casa, raffinato estimatore di vini e liquori di gran marca, Selim non disdegnava infatti la compagnia di belle e generose fanciulle.
Alle dieci mogli ufficiali univa numerose, giovani e procaci concubine, ma ciò non bastava alla sua natura ardente.
Selim era tuttavia uomo di fede, una fede profonda ma pragmatica e disincantata. Fine politico e uomo di mondo, non disdegnava i buoni affari quando, almeno formalmente, non fossero pregiudizievoli per l’Islam ed il regime.
Selim aveva soprattutto bisogno di denaro. Molto denaro. Teneva famiglia, una famiglia, come si è detto, numerosa ed esigente.

Il funzionario di servizio comparve nuovamente, dopo aver bussato rispettosamente alla porta.
Il molto venerabile Ulema Alì Rashid chiede udienza riservata a Vostra Eccellenza Reverendissima!
Il Gran Muftì attendeva quella visita. Alì Rashid era suo compagno di pubblica fede e privati bagordi. Grand’estimatore e procacciatore di denaro e belle donne apparteneva, come Selim, alla potente Associazione dei Fratelli Musulmani. Molti sostenevano che Alì era l’anima nera del Gran Muftì. Per Selim era il miglior amico ed un complice fidato.
Che entri senza indugio! Disse al funzionario. Per le prossime due ore non ci sono per nessuno, fosse anche il Presidente.
Il funzionario di servizio s’inchinò profondamente e scomparve.

Eccoti dunque Gran Muftì in carica, vecchio mio! L’approccio di Alì era, come sempre, giocoso e confidenziale.
Allah Akhbar! Rispose Selim, abbracciandolo.
Ho notizie di Suhaila ed altro ancora, vecchio mio! Riprese Alì, ammiccando.
Suhaila…mormorò Selim invitando con un gesto l’amico ad accomodarsi nelle comode poltrone che fungevano da salottino. Quella donna mi fa impazzire…dimmi tutto, presto!
Il suo respiro si era fatto più rapido, mentre versava nei calici di cristallo due generose dosi di araki.
Gusta quest’araki, un vero distillato di datteri del Nilo. Mi è appena arrivato da Alessandria, è fortissimo, come è il mio desiderio!
Alì sorseggiò il liquore ardente e riprese a parlare con voce bassa ed intensa.
Ho incontrato Suhaila. Lei e la sua amica Niran saranno a Roma la prossima settimana, per un’esibizione all’Arab Café. Danza del ventre classica, vera Raks Sarqi di tradizione egiziana, eseguita col dumbak, il tamburello di pelle d’asino…
Dimmi com’era! lo interruppe Selim.
Bellissima, una vera Urì! La sua sola vista ti fa impazzire, ti fa scorrere impetuoso il sangue nelle vene. E Niram non è da meno…mi piace moltissimo.
E…sarebbero disposte a fare un’esibizione privata…diciamo per noi due soli…all’Aziza, la mia villa di Nepi? La voce di Selim suonava quasi implorante.
Suhaila ti ammira moltissimo! riprese Alì, suadente. Sarebbero entrambe ben disposte a farci un’esibizione e poi a restare qualche giorno e…qualche notte con noi, nostre ospiti! Però…
Però? Interruppe Selim, alzandosi di scatto nonostante la mole.
Però…dovrebbero rinunciare a due esibizioni a Rabat e pagare la relativa penale! Sai…il loro programma è intenso. Insomma, dovresti accollarti tu il mancato guadagno, le spese e la penale…
Quanto? Selim era sempre più teso.
Diciamo…centomila, contando anche i regali. Euro o dollari, naturalmente.
E’ molto denaro!
Si, ma ne vale la pena, incalzò Alì. E poi le casse del Gran Muftì non piangono, vero?
Le casse del Gran Muftì sono vuote, amico mio.
Non ti crucciare, Selim. Ho per le mani un affare che, se va in porto, con l’aiuto di Allah il misericordioso risolverà tutti i nostri problemi.
Parla dunque!

Alì si schiarì la voce. Giocava una carta pericolosa e lo sapeva. Selim a modo suo era onesto e profondamente credente ad onta delle sue trasgressioni e dei suoi vizi. Prese il discorso alla larga.
Certamente rammenti, Fratello Selim, le immortali parole che il nostro santo martire Sayyid Qutb, faro dei Fratelli Musulmani, vergò nel testo immortale “Il Risveglio dell’Islam” a proposito della Jahiliyya, lo stato d’ignoranza che oggi, come ieri, è la piaga dell’Islam. Ignoranza non di lettere ma di fatti e di storia, intendo.
Che c’entra, Alì? Non mi va di celiare. Il tono di Selim denotava sorpresa e, forse, sospetto.
Non scherzo, Selim. La mia mente si è aperta. Rammenti il “Credo” di noi Fratelli Musulmani, ne rammenti il comandamento numero cinque?
Certo. Selim prese a recitare, automaticamente.
Credo che il vero musulmano ha il dovere di far rivivere la storia dell’Islam attraverso la rinascita dei suoi popoli e la restaurazione della sua legislazione. Credo che il vessillo dell’Islam debba dominare l’umanità intera e che il dovere d’ogni musulmano consista nell’educare il mondo secondo le regole dell’Islam. Io mi impegno a lottare finché vivo per realizzare questa missione, ad essa sacrificando tutto…
Alì lo interruppe. Allah, il Signore dei mondi, ti ha fatto dono di gran memoria e di grande saggezza, Selim. E come dunque educheremo il mondo, come restaureremo la legge dell’Islam se permettiamo che gli infedeli cristiani continuino a sfruttare a piene mani le nostre feraci terre d’Africa e che gli stessi infedeli cristiani sperperino le ricchezze delle terre d’Italia con la loro indolenza, mentre i fedeli musulmani sono ridotti alla fame e alla disperazione? Non odi i lamenti della nostra gente?
Selim si scosse, toccato nel vivo.
Alì, tu sai bene che la sacra Fatwa, recentemente emanata dal Consiglio del quale entrambi facciamo e facevamo parte e sottoscritta dal mio compianto predecessore, che Allah l’abbia in gloria, impone che gli infedeli cristiani rendano senza indugio ai legittimi e storici proprietari musulmani le fertili terre giacenti tra Tinduf e Tarfaya, e che tali infedeli fuoriusciti cristiani facciano immediato rientro in Italia per renderne prospera l’economia. Come puoi insinuare che noi permettiamo il protrarsi di una situazione di palese ingiustizia?
Alì capì di aver vinto.
Comprendo dunque, amico mio, che è nostro dovere incoraggiare le famiglie più povere dei nostri fedeli musulmani a recarsi in nordafrica per subentrare nel possesso delle terre fertili e dei grassi poderi ivi esistenti, ed indurre altresì i fuoriusciti cristiani colà residenti a fare rientro in Italia, provvedendo ad assegnare loro terre e poderi ormai inariditi, fabbriche e laboratori ormai abbandonati con l’obbligo di farli prosperare?
Selim si alzò nuovamente di scatto in piedi, scuotendo la barba nerissima e cespugliosa. Ciò che hai detto è il volere di Allah, il Signore dei mondi, e perciò nostro assoluto dovere!
Un largo sorriso illuminò la faccia di Alì.
Tu stesso mi hai insegnato, venerabile fratello, che non è peccato trarre gioia e vantaggio dall’espletamento di un preciso dovere. Bene. Allah, Gloria a lui l’Altissimo, talvolta confonde i nemici del suo popolo, e fa loro commettere le azioni più ridicole, per la loro vergogna e sconfitta. Pensa che alcuni emissari di Giovane Italia, persone attendibili che ben conosco per dovere del mio ufficio, mi hanno pregato di offrirti un cospicuo dono se tu darai ordine a tutti gli Imam di tutte le Moschee italiane di convincere, con i loro sermoni del venerdì, le famiglie musulmane più numerose ed indigenti a recarsi in nordafrica e se chiederai al Venerabile Presidente Ahmed Ben Effendi di offrire condizioni d’assoluto favore ai fuoriusciti cristiani che faranno rientro in Italia.
Di che dono si tratta? chiese Selim.
Due milioni di euro in contanti, subito, ed altri due dopo il successo delle iniziative che, nella tua sublime saggezza, riterrai di adottare in merito (in realtà i milioni erano tre, ma Alì si guardò bene dal dirlo).
Quattro milioni di euro per compiere il mio dovere per la maggior gloria di Allah e del suo Profeta?
Non è peccato compiere il proprio dovere: Non è peccato accettare i doni che Allah, il Misericordioso, elargisce a colui che compie il proprio dovere. Dove sono i soldi?
Alì gli tese un voluminoso plico.

Alì, amico mio, provvedi ad invitare Suhaila e Niram per la prossima settimana a Nepi. Pensa tu ai doni, alla musica, ai cibi, alle bevande, al servizio ed ai festeggiamenti. Che tutto sia perfetto ed…eccitante. Tutte le spese saranno a mio carico!
Ti servirò bene, Selim, amico mio. Allah è grande! Alì si alzò in piedi e fece l’atto di congedarsi.
Sia Gloria ad Allah! Fece eco il Gran Muftì.



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