sabato 19 aprile 2008

Il Fiore della Terra

Amici, ci stiamo avvicinando alla fine della nostra avventura.
Ecco il 32° capitolo, il terzultimo.
Leggete e diffondete!!!
Cirno
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Bologna, lunedì 4 agosto 2098, ore 16,00.


Ataulfo Tomaia si sentiva molto, molto nervoso. Era trascorso solo un mese dall’infausta serata di Milano e lui ne portava ancora segni evidenti. Erano stati necessari due interventi chirurgici per sistemargli zigomo, mascella e denti, ed avrebbe dovuto sostenerne un altro in autunno per eliminare la brutta cicatrice e per sostituire la protesi provvisoria con capsule definitive.
Si guardò nello specchio che, si faceva per dire, abbelliva la parete di fronte della spoglia saletta d’aspetto. Tentò di sorridere. Effetto disastroso! La bocca sembrava deformata, la dentiera faceva schifo. E quanto ai segni dei punti…

Signor Tomaia! La voce dell’usciere suonò perentoria. Il dottor Piscaturi l’attende.
Ataulfo entrò nell’ufficio del Capo della Polizia e, ad un cenno dello stesso, si sedette su una delle due poltroncine accanto al caminetto.
Nihat Piscaturi lo squadrò, assorto.
Ma cosa le è successo? esordì infine, senza nemmeno sforzarsi troppo di nascondere il fatto che sapeva, ovviamente, tutto.

Il Coordinatore dei Centri Sociali lo guardò con odio altrettanto malcelato.
Non mi dica, dottore, che lei non ne sa niente! Ha mai sentito parlare dell’irruzione di un mese fa, a Milano, della devastazione del Centro Sociale e dei morti e feriti che ci sono stati? Avevamo un patto che è stato violato.
Maledetti teppisti! inveì il Capo della Polizia. Mi informerò… provvederò, glielo assicuro.
Macchè teppisti e teppisti! La voce d’Ataulfo ora era un ringhio. Uno degli aggressori è morto, si trattava di tale Ismail Ben Yussuf, noto componente delle Guardie della Fede. Ci avete aggrediti e rovinati, il patto è infranto!
Rovinati, rovinati…via non esageriamo. Non mi risulta che le Guardie della Virtù della Fede compiano azioni del genere. Ne parlerò con il collega reverendo mullah Abdelaziz. Sa, le Guardie della Fede non dipendono da me…sono accertamenti che richiedono cautela…e tempo…
La voce del dottor Piscaturi suonava ora paciosa, quasi remissiva.

Ma che tempo del cazzo! sbottò Ataulfo, istericamente.
Lei sa benissimo cosa è successo. E’ stata un’azione politica, una scelta di campo. E’ lei il mandante, inutile che si nasconda dietro ad un dito. Ci avete rovinato, nessuno più si fida di intervenire ai nostri eventi. Danni per milioni di dollari! Pretendiamo un congruo risarcimento altrimenti il patto d’ottobre è rotto e noi passiamo dalla parte del Commissario!

Adagio, adagio… si calmi! Si calmi o è peggio.
La voce di Piscaturi pretendeva d’essere suadente, ma il tono lasciava trasparire una crescente nota d’irritazione.
Mi è stato detto che…voi avevate messo in scena un, ehm, spettacolo blasfemo!
Ma quale blasfemo? ribatté con veemenza Ataulfo. I misteri di Mitra erano, porco cazzo! Giusto per prendere per il culo quella nuova setta. Uno spettacolo in costume, dottore, ecco cos’era. Mai sognati di offendere l’Islam o anche il Cristianesimo. Ci avete attaccato per una scelta politica, per distruggerci. Ora dovete pagare profumatamente, oppure ve lo aspettate il nostro appoggio, quando ci saranno le elezioni, quando il Commissario vi salterà alla gola!

Nihat rimase a lungo in silenzio, gli occhi bassi.
Alla fine parve aver adottato una decisione, una linea di condotta definitiva. Si appoggiò allo schienale della poltrona volgendo verso Ataulfo Tomaia uno sguardo scopertamente ostile.
E va bene, disse. Giochiamo a carte scoperte. Non c’è stata nessuna decisione politica. Se qualche scheggia impazzita delle Guardie della Fede ha partecipato alla salutare batosta che vi siete presi e meritati, la responsabilità non è del governo. Quanto a soldi, non ne abbiamo e comunque non intendiamo darvene.

Ataulfo era livido.
Ci vedremo alle elezioni! sbraitò.
Non me ne può fottere di meno, lo rimbeccò il Capo della Polizia.
Voglio essere chiaro, questo è un paese a perdere, un paese che affonda, un relitto. Vinca pure le elezioni, il vostro Commissario, e si prenda questo letamaio che si chiama Italia, con tutti i pidocchi infedeli che lo abitano come le zecche un cane. Noi ce n’andiamo appena sistemati i fedeli figli di Allah il Misericordioso, per la maggior gloria di Maometto suo Profeta. Non ci avete meritato, non avete accettato la vera fede e Allah vuole che vi lasciamo al vostro putrido destino. E ora fuori, cane infedele, fuori di qui, ruffiano disonorato!
Ataulfo si alzò, il viso contratto dal furore. Io…ti ammazzo! sbraitò.

Ma il dottor Piscaturi aveva già premuto un pulsante rosso sul margine del tavolino. Una decina di poliziotti nerboruti irruppe nell’ufficio.
Legate questo cane infedele, ordinò seccamente Nihat. Dategli una buona dose di scudisciate e buttatelo in strada. E…stesso trattamento per i suoi scagnozzi che attendono al Corpo di Guardia. A loro fate assaggiare anche il randello.
Gli sbirri afferrarono il malcapitato, schiumante, e lo trascinarono fuori della stanza.
Insci Allah, rifletté il dottor Nihat Piscaturi, con aria rassegnata.




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